Hai già trovato la struttura ideale per weekend e vacanze con il tuo cane o gatto?
Uno studio italiano conferma che cani e gatti non lo trasmettono ma possono essere infettati dal COVID-19
Italia
CHI HA PROBLEMI DI COMPRENSIONE O DI LETTURA, ANALFABETI FUNZIONALI E DIFFUSORI DI PANICO, SI ASTENGA DAL LEGGERE E SI FACCIA SPIEGARE L'ARTICOLO DA CHI HA FACOLTA' INTELLETTIVE NORMALMENTE FUNZIONANTI.
NO FAKE NEWS - NO BUFALE - NO ALLARMI - SOLO INFORMAZIONE CORRETTA, PER IL BENE DEI NOSTRI ANIMALI. PROTEGGIAMOLI!
Come già annunciato da diversi altri studi esteri a inizio 2020, anche in Italia è stato recentemente confermato che i nostri animaletti di casa, seppur non possano trasmetterlo, possono essere infettati dal virus SARS-CoV2.
In effetti, a novembre 2020 una cagnolina che vive con 4 persone che sono state infettate a Bitonto è risultata positiva - leggi articolo - e ci sono stati diversi altri casi.
Gli animali domestici, quando sono infetti, hanno una carica virale molto bassa e non sono in grado quindi di trasmettere il virus.
Ma per tutelarli, in caso si sia positivi, è bene proteggerli proprio come facciamo con le persone, perché se infettati potrebbero sviluppare sintomi della malattia.
Ecco l'articolo che abbiamo dedicato al tema qui su Dogwelcome ad aprile 2020
Di seguito quanto è stato rilevato recentemente a Milano, nel Dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università Statale
COVIDinPET: Cani e gatti domestici non trasmettono il virus ma possono essere contagiati
Pubblicato su Nature communications il primo studio del progetto COVIDinPET (Genetic characterization of SARS-CoV2 and serological investigation in humans and pets to define cats and dogs role in the COVID-19 pandemic) che ha coinvolto, tra i partner del progetto, i ricercatori del dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università Statale di Milano e quelli dell’Università di Bari, nonché il dipartimento Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanità, una rete di collaboratori internazionali guidata dall’Università di Liverpool e alcuni laboratori veterinari italiani.
Nello studio sono stati arruolati 919 cani e gatti provenienti da aree del territorio nazionale (in particolare dalla Lombardia) in cui nella prima ondata della pandemia la prevalenza della malattia nell’uomo è risultata particolarmente elevata. Nell’ambito dello studio sono stati eseguiti tamponi molecolari orofaringei, nasali o rettali per la ricerca di SARS-CoV2, e/o esami sierologici per la ricerca di anticorpi anti-SARS-CoV-2. In 528 casi erano noti i risultati di test molecolari condotti sui proprietari degli animali. Tutti i 494 tamponi processati sono risultati negativi, inclusi quelli prelevati da cani o gatti con sintomi respiratori o conviventi con proprietari che sono stati COVID-19 positivi. Al contrario, il 3.3%, dei cani e il 5.8% dei gatti, soprattutto adulti e provenienti da aree geografiche in cui maggiore è stata la prevalenza di infezione nell’uomo è risultato positivo alla sierologia e, per quanto riguarda i cani, la percentuale di sieropositivi sale al 12.8% se si considerano gli animali appartenenti a proprietari con COVID-19.
Questi dati indicano che alcuni degli animali inclusi in questo studio sono entrati in contatto con il virus e hanno di conseguenza prodotto anticorpi ma la negatività dei loro tamponi, anche in animali di proprietari malati, suggerisce che il tempo di permanenza del virus nei loro tessuti, pur sufficiente ad indurre una risposta anticorpale, sia molto breve e non associato allo sviluppo di malattia negli animali. Anche se non è possibile escludere che, effettuando il prelievo nei primi giorni di malattia del proprietario, anche gli animali domestici possano risultare positivi a test molecolari, i risultati di questo studio suggeriscono che il ruolo epidemiologico degli animali da compagnia nell’infezione umana da SARS-CoV-2 sia molto limitato. Al contrario sembra possano essere i proprietari positivi a trasmettere transitoriamente il virus ai propri cani e gatti, con i quali andrebbero quindi evitati contatti stretti nel periodo di positività del proprietario.
La pubblicazione è il primo studio generato nell’ambito del progetto COVIDinPET (Genetic characterization of SARS-CoV2 and serological investigation in humans and pets to define cats and dogs role in the COVID-19 pandemic), che vede coinvolta l’Università di Milano insieme a PTP Science Park, Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia Romagna “Bruno Ubertini” e Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, e che è stato finanziato da Fondazione Cariplo nell’ambito del bando congiunto con Fondazione Veronesi e Regione Lombardia “Misura a sostegno dello sviluppo di collaborazioni per l’identificazione di terapie e sistemi di diagnostica, protezione e analisi per contrastare l’emergenza Coronavirus e altre emergenze virali del futuro”.
SE SIETE POSITIVI O AVETE IL DUBBIO DI ESSERE POSITIVI AL CORONAVIRUS
la raccomandazione generale è quella di adottare comportamenti utili a ridurre quanto più possibile l'esposizione degli animali al contagio, evitando, ad esempio, i contatti ravvicinati con il paziente, così come si richiede agli altri membri del nucleo familiare. Gli organismi internazionali che si sono occupati dell'argomento raccomandano di evitare effusioni e di mantenere le misure igieniche di base che andrebbero sempre tenute come il lavaggio delle mani prima e dopo essere stati a contatto con gli animali, con la lettiera o la scodella del cibo.
SE UN ANIMALE CONVIVENTE CON UN CONTAGIATO NECESSITA DI CURE VETERINARIE
preavvertire il veterinario prima di condurre l'animale in ambulatorio e seguire le indicazioni impartite dal veterinario stesso.
Vuoi dire la tua?
Inviaci il tuo feedback!